Compagne, Compagni,
è
un dovere per chiunque sia socialista interrogarsi sulle dinamiche
del neocapitalismo, della globalizzazione finanziaria come è
altrettanto importante chiedersi, senza remore, il perché
dell'odierno, oggettivo arretramento, in Sicilia, delle lotte
sociali. Da cosa è dipeso?
E'
un dato meramente congiunturale? Noi pensiamo che sia vero solo in
parte.
E'
nostra maturata convinzione che parte di questo “arretramento”
sia dipeso anche da errori nelle scelte prodotte da ampi settori
delle classi dirigenti delle sinistre isolane riguardo al merito e
alla sostanza dei problemi in campo in Sicilia.
Ciò
è potuto accadere, anche, perché questi compagni, queste compagne,
non hanno voluto o saputo tenere nel giusto conto non solo i bisogni
ma anche le esigenze dei siciliani onesti, dei compagni e delle
compagne che ambivano ed ambiscono a determinare condizioni di vita
migliori senza rinunciare necessariamente alla propria identità
materiale e culturale. Dato che per altro si rapporta alla diffusa
convinzione che la propria identità di siciliani sia uno degli
elementi possibili per affrontare, in equità e senza egoismi, quel
grumo irrisolto di problemi che noi chiamiamo, da più di 150 anni,
la Questione Siciliana, che è diversa e peculiare, rispetto alla
Questione Meridionale continentale.
Nelle
classi dirigenti della sinistra isolana questi temi, queste analisi
non hanno mai trovato non dico attenzione o rispetto ma neppure un
doveroso ascolto.
Ogni
scelta, ogni analisi, pur con alcune lodevoli eccezioni, sono sempre
state prese, in Sicilia, guardando al cosiddetto quadro centrale.
Anche
le continue, reiterate sconfitte subite a sinistra sono state lette
con le “lenti colorate” di una autoreferenzialità che ha
prodotto solo altre sconfitte.
Noi
Socialisti siciliani e federalisti, che ci rifacciamo, in linea di
continuità politica, alla tradizione del migliore socialismo
isolano, quello che a partire dai Fasci Siciliani dei Lavoratori ha
sempre posto la Questione Siciliana come elemento imprescindibile
per l'affermazione chiara e non effimera del socialismo e della
giustizia sociale in Sicilia, pensiamo sia giunto oggi il tempo di
mutare rotta.
Da
socialisti e da uomini di sinistra ci impegniamo per cambiare le cose
a sinistra, da sinistra. Pena, in concreto, la stessa scomparsa della
sinistra in Sicilia come in Italia.
Non
chiediamo a chicchessia conversioni, immediate quanto repentine, ma
poniamo, a tutti e per tutti, la questione, squisitamente politica,
di una analisi, a tuttotondo, sugli errori compiuti , sin qui, dalle
classi dirigenti di sinistra, socialiste incluse.
Lo
facciamo senza sicumera ma nella diffusa, pervicace convinzione che
per cambiare le cose, occorra cambiare anche le scelte e le azioni
politiche prodotte e proposte.
Nella
realtà siciliana questo significa porre come centrale, per
risolverla, l'esistenza di una peculiare Questione Siciliana che è
parimenti questione sociale ed identitaria. In questa analisi il
nostro socialismo, la nostra elaborazione, le nostre analisi si
ricollegano e si incontrano con quelle di compagni di altre realtà
interne alla forma stato Italia,storicamente noti ed apprezzati,
come, ad esempio, Mario Alberto Rollier, Silvio Trentin e molti altri
ancora.
Il
nostro impegno è dunque parimenti volto alla soluzione della
Questione Siciliana ma altrettanto, in virtù di questa,ha una proiezione internazionale ed internazionalista.
In
questo impegno troviamo conforto ed ascolto crescente in settori
sempre più ampi del socialismo italiano, in cui militiamo e con il
quale sviluppiamo analisi, operando per la sua, la nostra
riorganizzazione.
Certo
il quadro che ci si para dinanzi è tutt'altro che roseo o idilliaco.
La
sinistra isolana e non solo questa si deve confrontare con il
partito democratico, un vero moloch, di potere e al potere, che
spinge perché socialisti e sinistra tutta perdano le loro identità
diluendosi, presto e soprattutto male, nel partito “pigliatutto”
e/o , in subordine, in un sistema di alleanze senza sbocchi sociali
e politici.
Occorre
che qualcuno abbia il coraggio di dire che gli interessi
rappresentati dal PD sono, oggettivamente, altri e diversi dagli
interessi rappresentati dal socialismo e dalla sinistra in Sicilia
come altrove.
Ci
sono, per di più, altre difficoltà. Nel movimento socialista
siciliano esistono ancora, infatti, sulla Questione Siciliana,
posizioni diverse e diversificate.
Talune
pregiudizialmente antisiciliane e centraliste, altre similmente
dannose, che invocano, senza definirla o comprenderla, una visione
verbosamente “autonomista”. Coloro che rappresentano questa
posizione “tattica” non incarnano tanto una reale posizione
politica quanto occasioni calcolate per determinare “trampolini”
di lancio personalistici quando non anche occasioni di rilancio di
vecchi parametri consociativi.
A
tutti costoro diciamo, citando Guglielmo Epifani (2007) che nelle
loro posizioni: “non c'è un progetto per il futuro” della
Sicilia, dei Siciliani.
Se
vogliamo dare futuro ai siciliani occorre affrontare e risolvere, in
chiave socialista, la Questione Siciliana rinunciando a vantaggi
tattici o personali, guardando al BENE COMUNE dei Siciliani in un
ottica internazionalista, senza nazionalismi egoisti ma esaltando
semmai le ragioni di un Popolo come quello Siciliano, aperto da
sempre al Mondo in virtù della sua identità e della sua cultura.
Fabio
Cannizzaro