domenica 23 novembre 2014

INTERVENTO DI FABIO CANNIZZARO , ALL’ASSEMBLEA DELLA RETE SOCIALISTA DI ROMA, DEL 15 NOVEMBRE 2014




Care compagne, Cari compagni, illustri ospiti,
Non è facile onorare, in pochi minuti, la promessa fatta al compagno Giovanni Rebechi di rappresentare cosa da Sud, dai nostri diversi Sud, insulari e no, si spera e si pensa debbano essere ruolo e prospettive dell’azione socialista a sinistra e nella sinistra.
Mi sono chiesto: Cosa ci chiedono oggi i ceti sociali del sud oggettivi referenti di un’azione socialista a sinistra? Del resto credo che non possiamo e non dobbiamo mai dimenticare che i nostri referenti sono e restano i ceti popolari, le classi subalterne, i disoccupati, i precari, i lavoratori. Ebbene tutti costoro: cosa ci chiedono? Ci domandano, in buona sostanza, di interrompere un andazzo, di combattere le sperequazioni, le diseguaglianze che anziché diminuire aumentano ed aumentando scavano nel quotidiano odiosi quanto evidenti divari sociali ed economici. Credo sia questo ciò che da Sud ci chiedono i lavoratori e con questi i deboli, gli ignorati, gli svantaggiati.
Noi socialisti schierati a sinistra abbiamo il dovere,  compagne e compagni, di studiare, esaminare e trarre le conseguenze politiche dall’analisi della realtà socio-economica.
Alle osservazioni devono ,dunque, seguire fatti ed atti politici conseguenti. Non è più tempo di paludamenti, di titubanze, del resto è sotto gli occhi di tutti che il Pd lavora all’eliminazione politica di qualunque forza alla sua sinistra, azione affidata al sistema elettorale a-democratico dell’Italikum.
E' altresì evidente che, attualmente, il Pd persegue con oggettiva pervicacia politiche economiche e sociali neoliberiste.
 Non sta però a noi, ne questo è il luogo più adatto a farlo, dettare al Pd e alle sue minoranze interne agende e/o consigli su cosa fare rispetto alle scelte della loro maggioranza e del loro segretario, Renzi.
Detto ciò abbiamo però il diritto di dire che le politiche del Pd, da socialisti e da uomini e donne di sinistra, non solo non ci convincono ma che anzi ci vedono decisamente contrari.
Da Sud, dai nostri Sud noi socialisti leggiamo l’agenda renziana in perfetta linea di continuità storico-politico e socio-economica rispetto alle vecchie logiche riguardo i rapporti Nord-Sud. Del resto a ben vedere questo Pd, il suo leader concretamente non mettono in discussione né ricette né scelte né analisi del capitalismo globalizzato e finanziario mondiale, applicandone i dettati in Italia e avvallandone le logiche e le prassi a livello inter e intranazionale.
Detto ciò la situazione è grave ed io sono venuto qui a Roma , su mandato dei compagni e delle compagne siciliane che rappresento, non tanto a celebrare noi stessi quanto, più e meglio, a sostenere che la Rete Socialista oggi non si basta più.
E non è  badiamo bene la Rete Socialista che non si basta per inadeguatezza, anzi è l’esatto contrario, noi dobbiamo e possiamo superarci perché il nostro progetto è vivo e vitale più che mai e occorre quindi di evolvere verso una nuova, successiva fase politica ed organizzativa.
Liberiamo, quindi, il campo da equivoci e/o generalizzazioni, qui non si tratta oggi di creare un nuovo, ennesimo partito o partitello.
Da socialisti ben comprendiamo che non è tempo di proporre o strutturare un partito politico che in questa fase non potrebbe essere né influente ne tantomeno credibile.
Ciò che ci deve vedere impegnati è la necessità di dare vita, da subito, ad una organizzazione politica socialista schierata a sinistra.
Chiarisco ancora meglio. Noi peroriamo e proponiamo a Voi, al corpo vivo del socialismo militante e della sinistra un modello Federativo e federale che dia vita ad una unione organizzativa dei socialisti a sinistra.
Una Federazione che si muova valorizzando le Identità territoriali storiche, culturali, economiche e se presenti linguistiche di questo Paese. 
Pensate alla tradizione socialista siciliana, all’esperienza, fondamentale e fondativa del socialismo siciliano: I Fasci Siciliani dei Lavoratori di fine Novecento.
Pensiamo, ancora, a tradizioni come quella di Rollier , di Colorni o ancora di Silvio Trentin. E’ questo e non quello differenzialista e neolepenniano di certi altri il vero federalismo.
 Su questo tema non prendiamo  e accettiamo  lezioni da nessuno. 
E del resto noi della Rete Socialista in Sicilia poniamo come elemento centrale della mobilitazione socialista la soluzione della composita quanto ineludibile Questione Siciliana.
Appare dunque chiaro che la nostra iniziativa non è e non vuole essere una chiamata alle armi per il reducismo socialista tout court.
La futura federazione, infatti, non si rivolge solo o prevalentemente ai compagni che militano nel PSI, nel partito nenciniano.
La nostra quotidianità, il nostro divenire politico in questi mesi ha tratto la sua linfa, la sua forza nel tessuto del Socialismo Autonomo, di quell’Associazionismo Socialista che, senza nulla togliere alla presenza e alla convivenza nella Rete Socialista con bravi compagni e brave compagne che pure militano nelle minoranze del PSI,  è, oggettivamente, al momento il vero cuore pulsante dell’azione socialista a sinistra.
E’ riscontrabile che sin qui la Rete ha infatti prevalentemente, positivamente lavorato alla riaggregazione del tessuto politico-culturale di base e spontaneo che esiste nei territori, rinunciando, giustamente penso io, alla mero scontro con il PS nenciniano.
Noi, infatti, senza mai rifiutare un confronto fattivo e schietto con chicchessia, avvertiamo come centrale, ineludibile “necessità” per i socialisti contrastare il tentativo messo in atto dal Pd di disarticolare gli equilibri a sinistra provando anche a condannare i socialisti, e quindi il Socialismo, ad una in essenzialità politica  e sociale che, diversamente da altri compagni e compagne, non possiamo né vogliamo accettare.
Anzi diciamo, con giusta fierezza, che è la nostra tradizione socialista e democratica di valori, ideali e princìpi l’unico immediato, possibile collante  per avviare una seria riorganizzazione della sinistra, su basi attuali ed originali, condividendo non teorie ideologiche o riflessioni teoretiche ma, più e meglio, necessità ed esigenze politiche e socioeconomiche.
Dobbiamo invitare, da subito, tutti i compagni, le compagne a porre al centro dell’attenzione e dell’iniziativa politica tra gli altri anche  temi come quelli del tanto vituperato trittico saragattiano ( scuole, ospedali e case).
Oggi la imperante volontà neoconservatrice, incarnata anche dal Pd, trova espressione nell’odioso attacco a settori come questi, non solo dimenticati e ignorati, ma su cui muove ora, infaustamente quanto poco lungimirantemente, la mannaia di spesa di questo Esecutivo.
Pensiamo, ad esempio, al progetto della cosiddetta “Buona” Scuola renziana.
Da insegnante, da lavoratore, da socialista dico che quello mosso dal Premier, dal suo partito è un attacco formidabile quanto letale sia ai diritti sindacali , professionali ed alla dignità di insegnanti e personale ATA che ai diritti democratici degli studenti, delle famiglie, dei cittadini.
E’, in buona sostanza, un concreta aggressione alla “Bastiglia” della Costituzione: la Scuola repubblicana.
La Rete Socialista, e da domani, spero, la Federazione per il Socialismo, dovrà tutelare, in questo come in ogni altro settore,  la società democratica voluta dai Padri Costituenti e dovrà farlo da sinistra, difendendo diritti, prerogative lottando democraticamente per allargarli e non come fanno taluni per cassarli e/o ridurli.
E’ tempo di schierarsi, di essere conseguenti alle idee professate. E’ tempo di fatti politici!
Dobbiamo dare risposte ai bisogni non meno che alle esigenze della Gente, dei Lavoratori di questo Paese.
Questa assemblea non è dunque un occasione autocelebrativa né burocratica interna.
Oggi qui sono convenuti uomini e donne, espressioni di associazioni, gruppi, movimenti e/o singoli, che lavorano per l’unità del Socialismo ed in prospettiva per quella della sinistra democratica schierata, senza se e senza ma, a sinistra del Pd.
Rifiutiamo, poiché storicamente fallace, l’unificazione verticistica e virtuale di sigle e gruppi dirigenti e miriamo, invece, a riorientare il socialismo per riorganizzare su nuove basi la sinistra.

VIVA IL SOCIALISMO!

VIVA LA FEDERAZIONE!

VIVA LA SINISTRA!
Fabio Cannizzaro
Coord.della Sicilia
e componente U.P.
della Rete Socialista

PERCHE’ ADERIRE, DA SOCIALISTI E DA LAVORATORI, ALLO SCIOPERO GENERALE DEL PROSSIMO 12 DICEMBRE.




La Rete Socialista aderisce allo sciopero generale, promosso da C.G.I.L. ed U.I.L., per il prossimo 12 dicembre.
Una adesione la nostra che non è un sostegno di facciata ma, più e meglio, un impegno militante volto a convincere il maggior numero possibile di compagne, compagni e cittadini della giustezza e della necessità di questa mobilitazione.
Taluni pensano che scioperare sia un sacrificio spropositato ed essenzialmente inutile.
A tutti costoro occorre dire, ricordare che la posta in gioco è enorme.
Certo scioperare implica, direi necessariamente, un sacrificio economico ma è altresì vero che il Governo Renzi sta conducendo una offensiva organica, senza precedenti, ai diritti acquisiti dei lavoratori di questo Paese.
Di fronte a questa “volontà” di ridimensionare le prerogative dei dipendenti, pubblici e privati, è chiaro che i lavoratori, tutti noi lavoratori abbiamo il diritto e il dovere di reagire.
Possiamo e dobbiamo farlo in un modo democratico qual'è indubitabilmente l'astensione dal lavoro.
Provare a demonizzare questa scelta,questo diritto, come tentano di fare certi settori politici, rischia davvero di trascinare l'Italia in un baratro senza ritorno.
Scegliere, dunque, di esercitare il diritto di sciopero e di farlo nel modo più unitario ed articolato possibile non possiamo accettare che venga demonizzato, tanto più che questa mobilitazione è promossa da due confederazioni sindacali, CGIL ed UIL, la cui fedeltà ai principi costituzionali non può essere messa in discussione da chicchessia.
Lo sciopero generale nazionale del prossimo dicembre è, quindi, una occasione per permettere ad ogni lavoratrice, ad ogni lavoratore, iscritto o no, a CGIL ed UIL, di contare collettivamente e di fare sentire i propri convincimenti.
L'evidente corollario della scelta di scioperare è ovviamente, direi necessariamente il sacrificio economico.
La rinuncia ad una giornata di lavoro che attesta incontrovertibilmente una volontà dichiarata, non viziata di partecipare alla vita sociale, politica ed economica del Paese e quindi di esprimere le proprie opinioni sul merito e sulla sostanza delle decisioni che riguardano i lavoratori .
Lo sciopero del prossimo 12 dicembre dovrà essere , dunque, un messaggio chiaro al Governo Renzi sull'indisponibilità della gran parte dei lavoratori, dei precari italiani ad accettare una riduzione dei loro diritti e delle garanzie a loro tutela.
Abbandonarsi alla rassegnazione, accettare di vedere calare dall'alto, in modo dirigistico, scelte contro-riformiste sul lavoro sarebbe la fine di qualsivoglia rappresentanza sindacale e sociale degna di questo nome per i lavoratori, mutandoli, mutandoci in meri “oggetti” di scelte e decisioni dirigistiche prese altrove.
Solo attraverso forme democratiche di mobilitazione e di lotta, sarà possibile, pertanto, restare “soggetti” capaci di scelte autonome e condivise.
Ciò è particolarmente importante in una fase storico-economica in cui il montante, aggressivo neoliberismo imperante vorrebbe sacrificare alle logiche di profitto i bisogni e le esigenze dei lavoratori e quindi della maggior parte della società.
E' vero che si tratta di processi generalizzati dalle dimensioni ed implicazioni internazionali, globali ma è pur vero che il contrasto a queste “logiche” può e deve passare direi obbligatoriamente per le nostre, diverse varie realtà territoriali che danno forma giuridica e contrattuale ai diritti e ai doveri.
Del resto le proposte del Governo non aggrediscono mere questioni di principio ma minacciano di pesare, se approvate, concretamente, sulla qualità della vita di ogni singolo lavoratore e della sua famiglia.
Di fronte ad un siffatto scenario, punteggiato da linee di indirizzo e proposte irricevibili, noi come Socialisti, come Rete Socialista non abbiamo né tentennamenti né dubbi di sorta e ci poniamo dalla parte dei lavoratori e delle due confederazioni CGIL e UIL , che tutt'altro che casualmente hanno rappresentato e rappresentano, nel mondo del lavoro, punti di vista vicini, storicamente ed organizzativamente, al punto di vista socialista e democratico.
Ci dispiace che altri compagni socialisti provino a dimostrare, sebbene, a dire il vero, sin qui, con scarsi risultati, che il ruolo nostro dovrebbe essere vicino, contiguo e/o sovrapposto a quello del Governo e della sua maggioranza politico-parlamentare,.
A costoro vorremmo ricordare che compito dei socialisti è di stare, sempre, dalla parte dei lavoratori e di difenderne, senza eccezioni, i diritti, da dovunque giungano attacchi ed affondi.

Viva il Socialismo!

Socialismo Sempre!


Fabio Cannizzaro
Componente dell'U.P.
della Rete Socialista

giovedì 6 novembre 2014

TERTIUM NON DATUR...RIALZIAMO LA BANDIERA DEL SOCIALISMO SICILIANO !



Rivisitazione grafica dell'opera di Gelij Korzev “Rialzando la bandiera” 1957


La riorganizzazione del socialismo in Sicilia deve affrontare alcuni passaggi obbligati.
I socialisti devono chiedersi: Possiamo rappresentare le istanze, i Valori ed i Princìpi socialisti accettando di andare oltre e al di là di vecchie, fallimentari logiche personalistiche, di potere e di per sé centralistiche?
Noi pensiamo di sì! E' una sfida di coerenza e che ci vede impegnati, rispetto anche a certune altre “osservanze” socialiste regionistiche isolane a fare del socialismo siciliano del XXI secolo non una “ridotta” di reduci del vecchio, estinto PSI, con annessa, âgée “colonnellanza” cammellata bensì un momento di operante riaggregazione a sinistra, in cui centrale, imprescindibile è la soluzione della Questione Siciliana, intesa parimenti come Questione Identitaria e Questione Sociale.
Tutto ciò è qualcosa di altro e ben diverso da mortificanti quanto ripetute visioni regionistiche, dirigiste, personalistiche e solo nominalmente autonomistiche.
Certo il percorso che abbiamo scelto che si rifà alle esperienze di lotta dei Fasci Siciliani, di socialisti siciliani come Vincenzo Vacirca, o alla migliore sinistra sicilianista o ancora alla valutazione panzeriana , socialista e popolare dello Statuto Siciliano oggi si invera nella collaborazione tra i diversi sodalizi territoriali socialisti riuniti nel COORDINAMENTO DEI CIRCOLI SOCIALISTI di Sicilia ed è oggi parte attiva e propositiva dell'iniziativa di riorganizzazione socialista che fa capo, anche in Sicilia, alla RETE SOCIALISTA – SOCIALISMO EUROPEO. Eppure occorre allargare, ampliare l'orizzonte.
Tutti i compagni e le compagne che non vogliono accettare né la logica liquidazionista dell'attuale PSI nenciniano dentro il Pd, né certe vulgate continuiste in salsa reducistico-autonomista sappiano che tertium non datur e che occorre aderire ad un progetto schiettamente siciliano e sinceramente internazionalista di sinistra socialista capace di ridare forza e prospettiva alla Gauche, qual'è appunto quello perorato dal Coordinamento dei Circoli Socialisti in collaborazione con Rete Socialista – Socialismo Europeo – SICILIA. 
Progetto in cui è la Politica socialista, fatta dalle persone per le persone ad essere centrale, rispettando le radici siciliane senza però immiserirle in sterile sciovinismo ma esaltandole in un reale, concreto amore per l'Umanità. 

W il Socialismo Siciliano!


W il Socialismo !


giovedì 16 ottobre 2014

TUTTI A ROMA IL PROSSIMO 15 NOVEMBRE!




DALLA SICILIA PER DEFINIRE, CON molti COMPAGNI E COMPAGNE DI ALTRI TERRITORI LE CONDIZIONI PER LA CREAZIONE DI UNA ORGANIZZAZIONE POLITICA SOCIALISTA NUOVA, ORIGINALE E CREDIBILE



L’impegno per determinare le ragioni del socialismo nella sua triplice valenza etica, politica ed organizzativa ci vede impegnati , in Sicilia, come altrove, mettendo in gioco noi stessi, le nostre storie e le nostre ragioni.
In questo processo “aperto”, dialettico ed in divenire noi socialisti siciliani possiamo riversare il “valore aggiunto”della nostra tradizione politica che discende dai Fasci Siciliani dei Lavoratori e che si richiama ad un amore schietto e scevro da ogni sciovinismo per la nostra Sicilia, per la nostra lingua e cultura e per le ragioni dei lavoratori e dei deboli siciliani e no.
In questa “chiave” siamo convinti che esista e ancora persista , evidente e insottaciuta poiché insottacibile una originale, specifica, storicamente conclamata Questione Siciliana .
Questione che potrà trovare finalmente soluzione solo se opererà democraticamente e fattivamente una forte, credibile organizzazione politica socialista.
Noi identifichiamo il “volano” di questo organismo politico nella Rete Socialista –Socialismo Europeo, unica aggregazione, secondo noi, che ad oggi, sta tratteggiando, in chiave generale, un coerente percorso di senso socialista e di sinistra.
In Sicilia dunque si intersecano due questioni e sono quella siciliana e quella socialista.
Nel procedere alla loro soluzione abbiamo il dovere, che si fa necessità, di operare per il rilancio del socialismo e quindi della sinistra che solo da noi può attendere un riscatto ed un reale rinnovamento per difendere i diritti dei deboli e dei lavoratori.
Diversamente da taluni altri settori della variegata “galassia” socialista o simil tale noi, citando testualmente le parole di un caro compagno , Beppe Giudice, non operiamo: “ per ridare una platea immeritata a pezzi di ex ceto politico che è stato corresponsabile della fine del PSI”.
Vogliamo, piuttosto, operare, più e meglio, per rilanciare il ruolo di un movimento socialista che pensa, agisce e realizza in forza dei suoi ideali di libertà, giustizia ed equità.
La prospettiva in cui noi compagni siciliani del Coordinamento dei Circoli Socialisti ed di xQS ci riconosciamo è, dunque,  quella oggi perseguita dalla Rete Socialista –Socialismo Europeo.
Una linea d’indirizzo socialista autonomista di sinistra che opera per rideterminare e ricostruire ex novo una nuova, schietta forza socialista, capace di essere all’unisono, senza contraddizioni, federalista, all’interno come all’esterno, e parimenti schiettamente internazionalista.
Possiamo e dobbiamo recuperare i valori del migliore socialismo umanitario, democratico, riformatore e libertario, siciliano e non solo, e grazie a questi valori andare oltre le vecchie contraddizioni del comunismo e del movimento comunista rideterminando le ragioni di una sinistra plurale capace di governare il presente e organizzare il futuro per il benessere dei più contro l’egoismo dei pochi, oggi incarnato da certo neoliberismo assetato solo di facili profitti.

Fabio Cannizzaro


venerdì 19 settembre 2014

YES SCOTLAND: THE DAY AFTER….



Affrontare le persistenti quanto evidenti Questioni Nazionali presenti in Europa è una necessità politica per tutti coloro che comunque si richiamano ai valori e/o agli ideali del socialismo e peculiarmente alla tradizione politica del socialismo autonomo e democratico.
Il referendum scozzese ha avuto, comunque la si pensi, l’evidente merito di aver riproposto all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale e soprattutto europea i temi dell’esistenza delle Nazioni senza Stato e delle diverse minoranze allogene presenti nel Vecchio continente.
Del resto il problema politico sollevato dagli scozzesi non è tema nuovo, anche a sinistra. In passato il socialismo internazionale ed europeo si è interessato alla relazione tra Questioni Nazionali e Questione Sociale. Ricordiamo le prese di posizione proprie di compagni come  Max e Viktor Adler, Otto Bauer e Karl Renner, oggi conosciuti in ambito socialista come  AUSTROMARXISTI e fautori di un  principio di autonomia nazionale e culturale teorizzato dal compagno  austriaco Otto Bauer nel 1907 nel suo noto: “La questione delle nazionalità e la socialdemocrazia”.
Vi risparmierò qui e ora tutto il divenire del dibattito che poco più di un secolo fa si sviluppo a seguito delle analisi e riflessioni di questo gruppo di compagni e studiosi austriaci o ancora quanto nel merito contino, in campo comunista, le riflessioni del marxista sionista Ber Boronchov.
Ciò che oggi qui mi preme sottolineare è che il voto scozzese ha avuto il pregio, nel nostro tempo, di sdoganare, dal dato meramente identitario e nazionalistico, la riflessione sull’Autogoverno e l’Autodeterminazione dei Popoli e delle Genti soprattutto in Europa ed in Occidente.
E’ la prima volta che un siffatto dibattito assume queste dimensioni da quando abbiamo inaugurato il nuovo secolo.
Io , con me i compagni di xQS, cioè dell’Istituto di Cultura Politica per la Questione Siciliana , in occasione del referendum di ieri 18 settembre 2014, coerenti con noi stessi, con le nostre idee e i valori socialisti che professiamo, abbiamo sostenuto, intellettualmente, non essendo elettori scozzesi, le ragioni di chi, da sinistra, ha scelto il SI’, lo YES.
Non ci siamo schierati calcisticamente, ma abbiamo sviluppato, senza prosopopea e senza ampollosi autocompiacimenti, una riflessione sul senso di un referendum che è e resterà un’eccezione, un unicum, storico-istituzionale e politico, per l’Europa di questo nostro XXI secolo.
E’, infatti, a tutti chiaro, come più d’un notista ha sottolineato, in questi giorni, che il “plebiscito” scozzese è stato possibile solo perché essendo il Regno Unito uno Stato di Common Law, in esso non esiste una Costituzione scritta. 
Chiarito ciò ed a urne chiuse, avverto la necessità di dire con eguale pacatezza  che non mi sono pentito, non ci siamo pentiti, da socialisti e democratici e siciliani, di avere sostenuto le ragioni del SI’, dello YES.
Non ripeterò qui e ora le ragioni d’ordine storico–politico e culturale-istituzionale che danno senso e spessore all’esigenza di Autogoverno degli scozzesi, quanto vorrei porre l’attenzione su come è stata posta l’intera questione referendaria in termini organizzativi e politici.
Se esce sconfitta, oggi e qui, l’immediatezza della proclamazione di una indipendenza statuale tout court è altresì vero che vi è un indubbio vincitore politico che, anche oltre la sconfitta numerica, è e resta lo Scottish National Party e il suo Leader, Alex Salmond.
Salmond, un leader sempre più carismatico e capace, ha mostrato come sia possibile assumere e mantenere una leadership politica all’interno di un movimento politico nazionale, guidandolo con piglio autorevole e con sicura condivisione dei metodi e delle regole democratiche.
Rispetto che lo ha spinto, oggi, dopo la proclamazione del risultato, a rimettere  il suo mandato da Primo Ministro di Scozia e da leader del suo amato SNP. Auspico che lo Scottish National Party respinga le dimissioni  di questo leader, che ha saputo escludere dall’agenda politica tendenze egoiste,etniciste e/o differenzialiste.
Nei giorni che hanno preceduto il voto scozzese ho avuto modo di confrontarmi con tanti compagni, favorevoli e più spesso contrari al distacco da Londra  e a tutti costoro ho ripetuto il medesimo ragionamento: “Guardate che lo S.N.P. (Scottish National Party) è una organizzazione politica matura, di stampo socialdemocratico, che deve essere inserita, a mio avviso, a pieno titolo, tra le forze della sinistra scozzese.
Un riconoscimento, politico e politologico, dovuto per  un’organizzazione politica che secondo i correnti parametri è  sicuramente più a sinistra di quanto lo sia o si dichiari, in Italia, il Pd.
Da oggi, 19 settembre 2014 inizia, in Scozia, e di converso, in Europa, una nuova stagione della lotta delle Nazioni senza Stato e delle minoranze allogene, che come gli scozzesi vorranno e sapranno, emarginare i propri egoismi e parlare di questioni sociali ,economiche e culturali contingenti e coinvolgenti.
Concludo questo mio intervento, dicendo che se dovessi chiosare quanto accaduto durante la consultazione diretta di ieri, potrei dire che hanno certo perso i SI’ , ma non hanno certamente vinto i NO.
E’ più realistico scrivere, dire che havinto la democrazia praticata che ha posto al centro dell’Agenda politica il tema trasversale dell’Autogoverno.
Toccherà agli scozzesi ora dare senso e prospettiva al loro futuro, cosa più facile se manterranno un partito coeso come lo SNP e in questo un leader, di forza e carattere, come Salmond.
Per il resto d’Europa, è bene dirlo,  le cose non saranno più facili, di per sé,  dopo il voto scozzese, anche se con l’esempio offerto dal referendum si avrà una maggiore attenzione per le questioni Nazionali non etnicistiche.
Un'altra scadenza di valore politico, a breve termine, sarà la consultazione, questa senza valore istituzionale, del nove novembre in Catalogna, dove però la situazione del movimento favorevole all’autogoverno è storicamente ed organizzativamente diversa, complessa e frastagliata.
Noi tutti come esponenti socialisti europei abbiamo il dovere di non abbandonare le Questioni Nazionali nelle mani delle destre, dei populisti e dei settori etnicistici e xenofobi.
Saremo all’altezza?


Fabio Cannizzaro

sabato 12 luglio 2014

LA QUESTIONE SICILIANA E LA VIA SICILIANA AL SOCIALISMO



Compagne, Compagni,
è un dovere per chiunque sia socialista interrogarsi sulle dinamiche del neocapitalismo, della globalizzazione finanziaria come è altrettanto importante chiedersi, senza remore, il perché dell'odierno, oggettivo arretramento, in Sicilia, delle lotte sociali. Da cosa è dipeso?
E' un dato meramente congiunturale? Noi pensiamo che sia vero solo in parte.
E' nostra maturata convinzione che parte di questo “arretramento” sia dipeso anche da errori nelle scelte prodotte da ampi settori delle classi dirigenti delle sinistre isolane riguardo al merito e alla sostanza dei problemi in campo in Sicilia.
Ciò è potuto accadere, anche, perché questi compagni, queste compagne, non hanno voluto o saputo tenere nel giusto conto non solo i bisogni ma anche le esigenze dei siciliani onesti, dei compagni e delle compagne che ambivano ed ambiscono a determinare condizioni di vita migliori senza rinunciare necessariamente alla propria identità materiale e culturale. Dato che per altro si rapporta alla diffusa convinzione che la propria identità di siciliani sia uno degli elementi possibili per affrontare, in equità e senza egoismi, quel grumo irrisolto di problemi che noi chiamiamo, da più di 150 anni, la Questione Siciliana, che è diversa e peculiare, rispetto alla Questione Meridionale continentale.
Nelle classi dirigenti della sinistra isolana questi temi, queste analisi non hanno mai trovato non dico attenzione o rispetto ma neppure un doveroso ascolto.
Ogni scelta, ogni analisi, pur con alcune lodevoli eccezioni, sono sempre state prese, in Sicilia, guardando al cosiddetto quadro centrale.
Anche le continue, reiterate sconfitte subite a sinistra sono state lette con le “lenti colorate” di una autoreferenzialità che ha prodotto solo altre sconfitte.
Noi Socialisti siciliani e federalisti, che ci rifacciamo, in linea di continuità politica, alla tradizione del migliore socialismo isolano, quello che a partire dai Fasci Siciliani dei Lavoratori ha sempre posto la Questione Siciliana come elemento imprescindibile per l'affermazione chiara e non effimera del socialismo e della giustizia sociale in Sicilia, pensiamo sia giunto oggi il tempo di mutare rotta.
Da socialisti e da uomini di sinistra ci impegniamo per cambiare le cose a sinistra, da sinistra. Pena, in concreto, la stessa scomparsa della sinistra in Sicilia come in Italia.
Non chiediamo a chicchessia conversioni, immediate quanto repentine, ma poniamo, a tutti e per tutti, la questione, squisitamente politica, di una analisi, a tuttotondo, sugli errori compiuti , sin qui, dalle classi dirigenti di sinistra, socialiste incluse.
Lo facciamo senza sicumera ma nella diffusa, pervicace convinzione che per cambiare le cose, occorra cambiare anche le scelte e le azioni politiche prodotte e proposte.
Nella realtà siciliana questo significa porre come centrale, per risolverla, l'esistenza di una peculiare Questione Siciliana che è parimenti questione sociale ed identitaria. In questa analisi il nostro socialismo, la nostra elaborazione, le nostre analisi si ricollegano e si incontrano con quelle di compagni di altre realtà interne alla forma stato Italia,storicamente noti ed apprezzati, come, ad esempio, Mario Alberto Rollier, Silvio Trentin e molti altri ancora.
Il nostro impegno è dunque parimenti volto alla soluzione della Questione Siciliana ma altrettanto, in virtù di questa,ha una proiezione internazionale ed internazionalista.
In questo impegno troviamo conforto ed ascolto crescente in settori sempre più ampi del socialismo italiano, in cui militiamo e con il quale sviluppiamo analisi, operando per la sua, la nostra riorganizzazione.
Certo il quadro che ci si para dinanzi è tutt'altro che roseo o idilliaco.
La sinistra isolana e non solo questa si deve confrontare con il partito democratico, un vero moloch, di potere e al potere, che spinge perché socialisti e sinistra tutta perdano le loro identità diluendosi, presto e soprattutto male, nel partito “pigliatutto” e/o , in subordine, in un sistema di alleanze senza sbocchi sociali e politici.
Occorre che qualcuno abbia il coraggio di dire che gli interessi rappresentati dal PD sono, oggettivamente, altri e diversi dagli interessi rappresentati dal socialismo e dalla sinistra in Sicilia come altrove.
Ci sono, per di più, altre difficoltà. Nel movimento socialista siciliano esistono ancora, infatti, sulla Questione Siciliana, posizioni diverse e diversificate.
Talune pregiudizialmente antisiciliane e centraliste, altre similmente dannose, che invocano, senza definirla o comprenderla, una visione verbosamente “autonomista”. Coloro che rappresentano questa posizione “tattica” non incarnano tanto una reale posizione politica quanto occasioni calcolate per determinare “trampolini” di lancio personalistici quando non anche occasioni di rilancio di vecchi parametri consociativi.
A tutti costoro diciamo, citando Guglielmo Epifani (2007) che nelle loro posizioni: “non c'è un progetto per il futuro” della Sicilia, dei Siciliani.
Se vogliamo dare futuro ai siciliani occorre affrontare e risolvere, in chiave socialista, la Questione Siciliana rinunciando a vantaggi tattici o personali, guardando al BENE COMUNE dei Siciliani in un ottica internazionalista, senza nazionalismi egoisti ma esaltando semmai le ragioni di un Popolo come quello Siciliano, aperto da sempre al Mondo in virtù della sua identità e della sua cultura.



Fabio Cannizzaro

lunedì 7 luglio 2014

L’UNITA’ DELLA SINISTRA E IL RUOLO DEI SOCIALISTI



La riflessione su cosa è oggi sinistra e su come questa possa anzi debba trovare unità e sintesi, in questo Paese, è centrale.
Hanno ragione i compagni, le compagne che insistono su questo elemento. 
Con altrettanta schiettezza a nessuno di noi sfugge che tanti malintesi e fraintendimenti sembrano, concretamente, impedire questo processo di riorganizzazione e ricomposizione.
Cercare colpe, responsabili è tutto sommato la cosa più facile ed immediata. Ognuno di noi in base alla sua storia politica, al suo essere schierato, alle analisi e perché no alle sue simpatie ed antipatie potrebbe fornire un indiziato, sia esso gruppo, movimento o perché no anche singolo o singola.
La verità è, diciamocelo compagni, che non si comprende la perentoria urgenza che è sottesa a questa necessità di riorganizzazione della sinistra in questo Paese.
Personalmente, del resto non è un segreto, alle ultime elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, per motivi che ho largamente e pubblicamente esposto, in pubblico e privato, ho votato ed invitato a votare insieme ai compagni del circolo socialista indipendente nebroideo “Italo Carcione” in cui milito ( che aderisce al Coordinamento dei Circoli Socialisti siciliani) per la LISTA TSIPRAS.
L’ho fatto nella duplice convinzione, che tutt’ora mantengo, prima che i socialisti di questo Paese non potevano e non dovevano ( e quindi aggiungo non devono e non possono) votare e più ancora confondere i propri destini con quelli di un’organizzazione politica espressamente non socialista quale, oltre ed al di là, di ogni risultato elettorale è e resta il Partito democratico e poi che occorre una “sintesi” a sinistra.
Ciò che è accaduto a urne ferme, ciò che sta ancora accadendo, a sinistra del Pd, era qualcosa di tutto sommato previsto e prevedibile.
L’aver appena superato, di un soffio, l’innaturale, a-democratico sbarramento del quattro per cento, ha scatenato il peggio del vecchio tatticismo in seno alla sinistra italiana.
Come socialisti, per averlo a lungo sperimentato e subito, ben conosciamo l’ostracismo “purista” e parolaio  di certi settori della “gauche” rivoluzionaria (quanto piccolo borghese  e pantofolaia  di questo Paese).
Eppure malgrado loro, credevamo che l’esperienza della lista Tsipras andasse tentata e sempre, da socialisti, la consideriamo non solo una affermazione anche nostra (N.d.R. di noi socialisti che l’abbiamo votata) quanto più e meglio una grande “prova strategica” offerta dagli elettori di sinistra, di tutta la sinistra, a queste sue presunte classi dirigenti e intellettuali, sempre più autoreferenziali e politicamente intempestive.
La vittoria, per quanto risicata della Lista Tispras è la vittoria della maturità di una parte dell’elettorato di sinistra di questo Paese. Punto e basta.
I giochi, a bocce ferme, tra organizzazioni politiche, tra gruppi intellettuali esprimono invece il peggio e, con tutta chiarezza, forniscono le ragioni perché, in questo Paese, la sinistra continui ad inanellare sconfitte su sconfitte.
Da socialisti, senza voler essere settari ma dovendo analizzare la realtà, ci tocca constatare che si sono segnalati per attivismo nella distruzione delle possibili ragioni di un’aggregazione che partisse dal risultato delle Europee, alcuni, ben determinati settori della sinistra e segnatamente quelli che si rifanno ad una parte della tradizione comunista, attraverso il nenniano “gioco-invocazione”, alla purezza dell’azione e dell’analisi.
Innanzi a questi dati politici concreti ed evidenti, noi come socialisti abbiamo il diritto ed il dovere di trarre alcune necessarie conclusioni.
Per prima cosa dobbiamo prendere atto che molti ( troppi!) brigano, al di là e oltre le intenzioni espresse, spingendo concretamente per tenere viva la distinzione tra socialisti e comunisti o almeno le ascendenze e dipendenze, dirette ed indirette, da queste due tradizioni e prassi, per come si sono dipanate dal gennaio del lontano 1921.
Leggiamo, ascoltiamo, respiriamo nella concretezza della quotidianità politica, certo senza generalizzare, che esiste, vive ed è nutrito da più parti ancora un vivo pregiudizio verso e contro la tradizione socialista tout court.
E’ un dato politico di cui abbiamo il dovere da socialisti di tenere conto.
Dobbiamo riconoscere, obtorto collo, che i comunisti, i post comunisti, gli ortodossi, veri e presunti, per lo più “vivono” i socialisti con difficoltà quando pensano ad una riorganizzazione della sinistra in questo Paese.
La cosa allo stesso tempo divertente, quanto paradigmaticamente inquietante, è che questi presunti, autonominati settori “ortodossi”, seguaci di varie osservanze “comuniste”, sono e rappresentano, ad analizzarne storia, prospettive e flussi, piccoli gruppi incapaci, in sé, da sé, di sintesi e di proiezione politica.
Ancora più sferzante, se vogliamo provarla, dovrebbe e potrebbe essere l’analisi verso i loro “inorganici “ intellettuali, veri e propri “chierici” del confusionismo ideologico e radical chic.
Tutti costoro rientrano sotto l’ombrello della sintetica, pungente quanto paradigmatica definizione coniata dal compagno Giuseppe Giudice che li apostrofa, senza appello e a giusta ragione, come “funeral-comunisti”.
In questa situazione, stando così le cose. Noi socialisti vediamo prospettarsi tre possibili strade per l’azione socialista.
Ci sono coloro che, additando, a loro dire, la “voce degli occhi” di trotskiana memoria, dicono e sostengono che è impossibile, stando queste condizioni, una qualsivoglia ricomposizione della sinistra.
Costoro finiscono quindi per dichiarare l’inutilità d’ogni sforzo in tal senso.
Da questa posizione fatalistica, certi, fortunatamente pochi, derivano una sorta di appello alla smobilitazione, al disimpegno e certuni talvolta giungono anche a preconizzare per il socialismo un futuro fatto di liaison, strane e balzane, come quella con la lega nord che alcuni propongono come fosse una salvifica “uscita di sicurezza” per il socialismo ed un collocamento alla destra del “centrista” Pd.
E’ evidente che come socialisti non accettiamo né riconosciamo rilievo e valore alcuno a siffatte “derive”. 
Proprio perché constatiamo e prendiamo atto del resistere e persistere, in ambito, diremo latamente comunista, di questi rachitismi e questi rigurgiti antisocialisti, proprio in virtù di tutto ciò abbiamo, da compagni e compagne, il dovere di non ritirarci dall’impegno di contribuire alla riorganizzazione della sinistra in questo Paese.
Che piaccia o no, a comunisti, ex comunisti o affini, oggi occorre dire, a voce alta, che una riorganizzazione credibile e concreta della sinistra in questo Paese può passare, anzi dovrà passare, per un “travaso” e una “sintesi” tra diverse culture politiche, una delle quali è necessariamente, obbligatoriamente quella Socialista.
Qualunque cosa ne pensi certa intellettualità pseudo engagé, è la cultura socialista, la sua capacità di formare e quadri politici, sindacali e nelle organizzazioni sociali che ha salvato, fino ad oggi, la sinistra, il movimento sindacale e l’associazionismo di sinistra dalla scomparsa e dall’inessenzialità.
Serve l’onesta intellettuale e il giusto orgoglio per dire che la responsabilità”” delle strutture organizzative a sinistra è pesato, qualitativamente e numericamente, per lo più, sui socialisti, di tradizione e formazione, e sulla loro capacità di reggere e produrre attività politica.
Chiarito ciò è ovvio, e siamo i primi a riconoscerlo, che occorre andare, adesso,  oltre le vecchie tradizioni ed appartenenze.
Ciò ovviamente non significa obliarle o obnubilarle, semmai il contrario, esaltandone i punti forza senza mai sminuire né mitizzare.
Ed è appunto questa la “prospettiva” che credo, noi socialisti, dovremmo sposare.
Occorre una sintesi feconda tra diverse tradizioni ma per giungere a tale “sintesi” occorre reciproco rispetto e non un mero esercizio di dinamiche di potere.
Se però qualcuno, in qualche cenacolo pensasse o ipotizzasse che la riorganizzazione della sinistra passi o possa passare per un’abiura o una sconfessione della storia politica o delle scelte passate presenti etiche e ideali dei socialisti, allora, resterà deluso dovendosi questa volta assumere, in toto,  il peso del fallimento politico dettato dalla propria inadeguatezza politica.
Esiste poi una terza ipotesi che si prospetta dinnanzi ai socialisti, è l’ipotesi perorata da settori del PS nenciniano, ma non solo da essi, che mira, in concreto, alla diluizione nel calderone del Pd della storia, della tradizione e delle stesse ragioni d’essere e agire del socialismo nel partito di Renzi. Costoro sposano una teoria secondo la quale il Pd, giocherebbe, in questo Paese, a seconda della propria bisogna, ora il ruolo di “moloch” centrista, ora quello di “sinistra” pallidissima e stinta.
 E’ chiaro ed altrettanto immediato che una simile prospettiva è per i socialisti inaccettabile dato che condannerebbe loro e l’intera sinistra, politica e sociale,  all’ annientamento.
Alla luce di questo rapido excursus, credo, almeno dal mio punto di vista, che l’unica via percorribile, per chi è e si sente socialista oggi sia quella di proseguire nella difesa dei valori e dei principi socialisti, offrendosi, senza tentennamenti, per una riorganizzazione della sinistra, che però rispetti i valori, le tradizioni, l’etica e la presenza socialista.
Se così non fosse, i socialisti, non debbono assolutamente scoraggiarsi, dato che la loro battaglia per la sinistra, a sinistra, non si esaurisce, non si è mai esaurita con il fallimento dei processi unificativi, ma prosegue nella convinzione che pur essendo una parte della sinistra, noi ne siamo storicamente una delle componenti attive essenziali, pronta a lottare, sempre e comunque, per i valori del Socialismo che sono, a ben vedere, i valori, della Sinistra, dei Lavoratori e della Gente umile ma operosa.

Fabio Cannizzaro

venerdì 4 luglio 2014

IL SOCIALISMO SICILIANO, OGGI


Nel socialismo siciliano, che è quello in cui viviamo ed operiamo, si assiste, oggi, ad una serie composita di “posizioni” che sbaglieremmo a definire solo di natura tattica che sono proprie e peculiari di diversi gruppi, movimenti, partiti o persone che rappresentano o pensano di rappresentare il socialismo isolano.
Noi come Coordinamento dei Circoli Socialisti offriamo queste nostre riflessioni ai compagni e alle compagne come base per un lavoro politico di analisi e pratico volto a provare a dare soluzione alle diverse “contraddizioni” che si agitano all’interno dell’area socialista siciliana per restituirle, così, un reale spazio e ruolo politico e sociale.
Il primo passo per discutere è riflettere sul socialismo siciliano d’oggi è legato al comprendere quale sia in questa area, variegata per posizioni, l’idea di partecipazione politica e in riferimento ai Territori e alla Sicilia come Entità politica, istituzionale ed economico-culturale specifica e storicamente peculiare.
Emergono anche in questo caso una serie di divisioni di non poco conto. Per chiarire diremo che esistono, nel merito, a voler semplificare, tre posizioni diverse e anche contrapposte.
Vi sono ancora socialisti che considerano l’essere siciliani, il vivere ed operare in Sicilia quasi “un mero accidente di nascita”.
Ogni loro sforzo, ogni loro azione o scelta si rifà, quindi, a scelte, equilibri, analisi di fondo mutuate da un centro politico romano.
L’azione politica siciliana (o locale come direbbero loro) è rapportata quindi o a una visione centrale, centralista o a scelte d’opportunità queste sì localistiche e/o camarillistiche.
Si tratta di un tipo di posizione trasversale che per quanto noi riteniamo profondamente sbagliata ed arretrata va comunque rispettata, sebbene, di fatto, sconfitta dalla storia e dall’esperienza.
Vi è poi la posizione che noi incarniamo e rappresentiamo e che trova la sua rappresentazione in un insieme ben determinato di gruppi e sigle come appunto i nostri circoli, l’Istituto di Cultura Politica per la Questione Siciliana – xQS e che trova una rappresentazione attenta anche nelle attività della Rete Socialista Socialismo Europeo siciliana.
E’ un’analisi che senza essere confusa, sic et simpliciter, con posizioni nazionalistiche, afferma, apertis verbis, l’esistere di un’originale, peculiare, storicamente conclamata, quanto irrisolta, Questione Siciliana che è parimenti Questione Sociale e Questione Identitaria.
Questa posizione che noi incarniamo e rappresentiamo mira dunque in un’ottica schiettamente socialista e democratica, figlia della migliore tradizione del socialismo europeo, a risolvere la Questione Siciliana ponendo al centro dell’azione politica i bisogni e le esigenze del Popolo Siciliano, favorendo una visione federalista dello Stato e ponendo al centro della nostra azione socialista la questione dell’Autogoverno senza egoismi di sorta.
Vi è poi, infine, una terza posizione che definirei meramente regionalistica, autonomistica, che utilizza anch’essa il termine Questione Siciliana, riducendola, però, a poco più di un mero artifizio retorico e calando l’identità socialista come quella siciliana in un calderone senza orientamento di senso compiuto, divisa tra spinte personalistiche, visioni reducistiche, citazioni orazionarie e con la presenza di compagni, espressione della vecchia classe dirigente socialista, che premono riguardo alle scelte di posizionamento.
Questa “declinazione” di socialismo è poco originale ed attendista e più che altro appare come una ripetizione in chiave sicula, delle vecchie prassi centraliste più che una affermazione autocentrata e solidale dei bisogni dei ceti popolari e dei valori socialisti.
A queste divisioni, poi, sia aggiungono tutte le altre che tranciano anch’esse, oggi come ieri, forse più di ieri, il campo della sinistra e del socialismo italiano ed europeo.
E’ chiaro, alla luce di tutto ciò, che la situazione del socialismo in Sicilia non è facile e che questo corre il rischio di essere di fatto “inessenziale” venendo quindi ad essere “isolato” socialmente e politicamente.
E’ evidente che siffatte divisioni non favoriscono, anzi in concreto, finiscono per rendere più difficile un qualsivoglia credibile processo di riaggregazione dell’area socialista isolana.
In questa ottica fanno riflettere appelli all’unità, che suonano più come inviti alla diluizione, pro domo suo, come quando taluni propongono, ex abrupto, salvifici convegni in cui, così e semplicemente, proporre la creazione verticistica, dall’alto, di organismi di sintesi del e per il socialismo siciliano.
Non è questa la giusta strada da percorrere. Chi lo fa assume su di sé la responsabilità politica di dividere, scienti  o no,  ancor di più il già abbastanza litigioso socialismo isolano.
Ciò che occorre, attualmente, è invece un’iniziativa dialettica rispettosa di tutte le differenze, esistenti e conclamate, che porti i socialisti siciliani, tutti quelli che ci stanno, senza fretta ma tenendo ben diritta la rotta a rifiutare tatticismi ed egemonismi, reali e/o risibili, per discutere da socialisti del futuro dei Siciliani e non solo o tanto delle loro organizzazioni politiche e delle leadership, vere o presunte, di questo o quello.
Patti federativi richiedono condivisioni profonde, non è il caso oggi, di ripetere vecchi errori, vecchie sopravvalutazioni.
 Il Socialismo Siciliano ha delle sue peculiarità che non solo organizzative (nasce politicamente dall’esperienza dei Fasci Siciliani dei Lavoratori) ma anche di elaborazione, tradizione e analisi.
Chi non comprende questo, chi finge di poter riassumere tutto questo in un mero orgoglio, di parte o partito. fine a se stesso, non comprende la grandezza stessa del Socialismo Siciliano e minaccia di immiserirlo trasformando se stesso e i suoi associati in “pallidi eroi metastasiani” d’un socialismo “politicato”, spesso e volentieri, virtuale e parolaio, di cui, oggi, i Siciliani non hanno davvero bisogno.


Fabio Cannizzaro









venerdì 27 giugno 2014

DOVE ANDRANNO I MIGLIOR(E)ISTI?


Tutti si stanno interrogando, in questi giorni, specie a sinistra, sul futuro di Migliore e di quei compagni e compagne ex di SeL che hanno deciso di lasciare il partito di Vendola.
E’ tutto un pullulare di ipotesi, un susseguirsi di incontri, tra i quali, ci informa “Avanti”, anche quello con Marco Di Lello, capogruppo della componente del PS nenciniano nel Gruppo Misto.
Ed è ben comprensibile l’attenzione che il PS nenciniano dedica a quanto si sta consumando in SeL.
In termini tattici stabilire “contatti” con Migliore e i suoi compagni potrebbe anche portare, almeno secondo i dirigenti del socialismo nenciniano, alla creazione di un gruppo unico, legittimando in seno al PSI l’attuale linea politica, sempre più contestata, anche all’interno del partito, e, quindi, traballante.
Al di là di quello che sperano Nencini e suoi “colonnelli” ciò che è certo è che si tratta per Migliore e i suoi compagni di scegliere cosa fare.
Le possibili opzioni in campo sono: Aderire, sic et simpliciter, al PD, Creare un gruppo insieme ai socialisti nenciniani, liberandosi e liberandoli dal limbo del gruppo misto o lavorare ad una iniziativa autonoma ma aperta volta contribuire alla riaggregazione dell’area del socialismo autonomo e democratico in questo Paese.
Credo che la scelta di aderire o meglio confluire nel Pd non richieda in sé alcun commento essendo evidente che se fosse questa l’ipotesi prescelta finirebbe per segnare , di fatto, la fine della loro azione e della loro elaborazione politica. 
La scelta ipotetica, invece, di fare gruppo con i nenciniani, avrebbe un valore tattico di breve periodo dato che è sempre più chiaro che il PSI è oramai definitivamente allocato nel “back yard” (cortile) del Pd. Non è del resto un segreto che i nenciniani dipendano elettoralmente e strategicamente dal PD.
Se i compagni ex SeL scegliessero questa “via” si tratterebbe, essenzialmente, di una sorta di traghettamento di fatto, anche se diluito, verso il cetaceo PD.
Noi socialisti autonomi espressione di quel socialismo indipendente che si oppone, programmaticamente e politicamente, alla deriva filo PD dei nenciniani, preferiremmo che questi compagni, queste compagne ex SeL scegliessero potendo di operare per la riaggregazione dell’area del socialismo autonomo e democratico. Ben comprendiamo che una siffatta opzione, implica la scelta di una “strada” politica più difficile, meno immediata e gratificante specie nel breve e medio periodo.
Mettersi al servizio, infatti, della costruzione, politica e sociale, di un movimento che si rifaccia alla migliore e più attenta tradizione italiana, europea ed internazionale del socialismo e della socialdemocrazia di sinistra, con robusti riferimenti alla sinistra del PSE, non è cosa facile.
E’ un “percorso”, ben lo comprendiamo, lastricato di difficoltà ma è altresì l’unico che potrà sottrarre, a nostro avviso, Migliore e i suoi, al pericolo concreto di un “oblio controllato” tra le braccia del PD, oggi, partito di potere “all catch ”.
E’ di tutta evidenza che il nostro è un auspicio, dato che non ci sfugge, come è ovvio che sia, che l’ultima parola spetta a Migliore e ai suoi compagni e tuttavia abbiamo come espressione del socialismo autonomo di sinistra il dovere di segnalare a questi compagni, con cui condividiamo tanto a livello ideale, i pericoli cui, a nostro avviso, vanno incontro nell’immediato futuro qualora rinunciassero o derogassero dalla loro autonomia di pensiero ed organizzativa.

Fabio Cannizzaro

giovedì 26 giugno 2014

IL NOSTRO IMPEGNO...


Questo nostro blog vuole offrire ai compagni, alle compagne l’occasione di riflettere dialetticamente analizzando la realtà siciliana nell’ottica propria della tradizione e della prassi del socialismo umanitario e democratico che deriva dalla tradizione dei Fasci Siciliani dei Lavoratori.
Punto focale di questa nostra analisi è la consapevolezza che esiste, irrisolta in Sicilia una specifica, peculiare QUESTIONE SICILIANA che non è assimilabile né risolvibile , nella generale QUESTIONE MERIDIONALE e che può e deve essere affrontata in una schietta ottica socialista e federalista scevra da tentazioni è centraliste e nazionalistiche.

Peculiarità che, ovviamente, non deve sottrarci, dal partecipare, attivamente, all’azione politica volta a rilanciare, concretamente, l’impegno socialista per la Sicilia , per la Penisola e per l’Europa di questo nostro ventunesimo secolo, secondo i principi del migliore internazionalismo socialista.