A due anni di distanza dal
24 febbraio 2022 sarebbe facile affermare che la sinistra d’alternativa aveva
ragione allora riguardo sia sull’invasione russa dell’Ucraina sia sul sostegno
internazionale alla reazione militare ucraina.
Il tutto è evidente oggi
alla luce degli accadimenti politico-militari e geo-strategici innescati dalla
guerra e dalle sue conseguenze.
Nella seconda ricorrenza
dell’inizio del conflitto, infatti, il bilancio è oggettivamente pesante.
10.000 morti solo tra la popolazione civile, 6,5 milioni di rifugiati e circa
3,5 milioni di sfollati interni.
A fronte di questo pesantissimo
bilancio umano, la guerra appare evidentemente non essere stata in alcun modo
risolutiva né per una parte né per l’altra.
Il conflitto, semmai, ha
finito per mettere a dura prova, peggiorandole e/o logorandole, non solo le relazioni
tra Unione Europea e Russia ma modificando, di fatto, le stesse relazioni tra i
Paesi della UE, che si sono divisi tra loro sia sul sostegno all’Ucraina, Paese
aggredito, sia sulle sanzioni da imporre alla Russia di Putin.
A due anni di distanza dall’inizio
del conflitto è utile fermarsi a chiedere quale sia attualmente l’orientamento
dell’opinione pubblica italiana ed europea riguardo il divenire di questa guerra.
Stando ad alcuni recenti
sondaggi realizzati da istituti accreditati, a 24 mesi di distanza, prevale un complessivo
pessimismo non solo sull’andamento del conflitto ma, aggiungerei, sull’uso
stesso dell’opzione militare come mezzo concreto per dirimere la questione
ucraino-russa.
In Italia solo ancora un
32%crede nella vittoria militare di una delle due parti (il 7% in quella dell’Ucraina
e il 25% in quella della Russia).
Molti di più, circa il 37%
delle italiane e degli italiani si sono convinte/i che si dovrà, prima o poi,
arrivare in qualche modo a una pace di compromesso tra Russia e Ucraina.
Fatto che finirà
sostanzialmente per rendere vani tutti gli sforzi militari e le perdite umane dal
2022 a oggi.
Una similare consapevolezza,
del resto, attraversa il resto d’Europa con solo una percentuale del 20% che
crede possibile ancora una vittoria russa e fronte, invece, di un 10% di
convinti sostenitori dell’opzione militare ucraina.
Sono lontani i tempi e le percentuali del 2022.
A ben riflettere, infatti, si constatano evidenti
differenziazioni del e nel consenso alle opzioni militari pro una o l’altra
parte.
Appare sempre più evidente
che se si vuole realmente uscire da una dinamica armata di guerra si deve
ragionare necessariamente di un accordo tra le parti pur senza smettere di
distinguere tra aggressori e aggrediti.
Le dinamiche di guerra hanno
allargato le crepe nel fronte UE e più latamente europeo in rapporto anche ai
valori e agli interessi espressi dai singoli, diversi Paesi.
Un qualcosa che, piaccia o no,
ha minato e continua a minare non solo la coesione della UE ma peggio la sua
complessiva credibilità politica.