giovedì 22 febbraio 2024

2022 -2024: DUE ANNI DOPO…

 

A due anni di distanza dal 24 febbraio 2022 sarebbe facile affermare che la sinistra d’alternativa aveva ragione allora riguardo sia sull’invasione russa dell’Ucraina sia sul sostegno internazionale alla reazione militare ucraina.

Il tutto è evidente oggi alla luce degli accadimenti politico-militari e geo-strategici innescati dalla guerra e dalle sue conseguenze.

Nella seconda ricorrenza dell’inizio del conflitto, infatti, il bilancio è oggettivamente pesante. 10.000 morti solo tra la popolazione civile, 6,5 milioni di rifugiati e circa 3,5 milioni di sfollati interni.

A fronte di questo pesantissimo bilancio umano, la guerra appare evidentemente non essere stata in alcun modo risolutiva né per una parte né per l’altra.

Il conflitto, semmai, ha finito per mettere a dura prova, peggiorandole e/o logorandole, non solo le relazioni tra Unione Europea e Russia ma modificando, di fatto, le stesse relazioni tra i Paesi della UE, che si sono divisi tra loro sia sul sostegno all’Ucraina, Paese aggredito, sia sulle sanzioni da imporre alla Russia di Putin.

A due anni di distanza dall’inizio del conflitto è utile fermarsi a chiedere quale sia attualmente l’orientamento dell’opinione pubblica italiana ed europea riguardo il divenire di questa guerra.

Stando ad alcuni recenti sondaggi realizzati da istituti accreditati, a 24 mesi di distanza, prevale un complessivo pessimismo non solo sull’andamento del conflitto ma, aggiungerei, sull’uso stesso dell’opzione militare come mezzo concreto per dirimere la questione ucraino-russa.

In Italia solo ancora un 32%crede nella vittoria militare di una delle due parti (il 7% in quella dell’Ucraina e il 25% in quella della Russia).

Molti di più, circa il 37% delle italiane e degli italiani si sono convinte/i che si dovrà, prima o poi, arrivare in qualche modo a una pace di compromesso tra Russia e Ucraina.

Fatto che finirà sostanzialmente per rendere vani tutti gli sforzi militari e le perdite umane dal 2022 a oggi.

Una similare consapevolezza, del resto, attraversa il resto d’Europa con solo una percentuale del 20% che crede possibile ancora una vittoria russa e fronte, invece, di un 10% di convinti sostenitori dell’opzione militare ucraina.

Sono lontani i tempi e le percentuali del 2022. 

A ben riflettere, infatti, si constatano evidenti differenziazioni del e nel consenso alle opzioni militari pro una o l’altra parte.

Appare sempre più evidente che se si vuole realmente uscire da una dinamica armata di guerra si deve ragionare necessariamente di un accordo tra le parti pur senza smettere di distinguere tra aggressori e aggrediti.

Le dinamiche di guerra hanno allargato le crepe nel fronte UE e più latamente europeo in rapporto anche ai valori e agli interessi espressi dai singoli, diversi Paesi.

Un qualcosa che, piaccia o no, ha minato e continua a minare non solo la coesione della UE ma peggio la sua complessiva credibilità politica.


giovedì 14 dicembre 2023

NOI, LA NOSTRA “MISURA” E GOETHE…

 

Una parte di una nota considerazione di Johan Wolfgang von Goethe sulla Sicilia, tratta dal suo Italianische Reise (Viaggio in Italia), torna ciclicamente, a 236 anni di distanza, ad essere condivisa sui social si tratta de:

«L’Italia senza la Sicilia, non lascia nello spirito immagine alcuna. È in Sicilia che si trova la chiave di tutto».

Un affermazione che da più di due secoli pungola l’orgoglio di generazioni e generazioni di siciliani e siciliane e che però, a grande distanza da quel 1787, può e deve indurci alcune utili riflessioni.

Mi riferisco alla idea, all’intendere la Sicilia come “chiave” di tutto”.

La Sicilia, oggi, in concreto, è la chiave di cosa?

La Sicilia di allora e quella di adesso sono poco proficuamente comparabili, si tratta di due realtà sociali e politiche naturalmente diversissime.

Ciò che, invece, possiamo confrontare sono le percezioni che della Sicilia hanno i siciliani, oggi come nel 1787.

Due visioni tra loro differenti.

La prima e più antica secondo cui i siciliani si percepivano ed erano percepiti a livello internazionale come un popolo, una nazione silente ma riconosciuta e apprezzata.

Quella attuale, invece, in cui anche la stragrande maggioranza degli stessi siciliani fa fatica a possedersi, a riconoscersi storicamente, culturalmente e ancor più politicamente come popolo e poi come nazione. Stessa e forse maggiore difficoltà, a 162 anni dall’annessione all’Italia, se ci si interroga sulla percezione internazionale dei siciliani come popolo peculiare e diverso da quello italiano.

Mantiene quindi un qualche senso e valore l’affermazione goethiana?

Credo di sì a patto che si rinunci a vulgate gattopardesche ovvero richiami all’essere misura del tutto e di tutto e si ragioni, più e meglio, invece, sul farsi misura di se stessi partendo dalla propria Identità e dai proprio bisogni collettivi.

La riflessione sulla Sicilia, infatti, può e deve passare necessariamente dal nesso imprescindibile, anche se ancora da molti negato, tra siciliani e Sicilia e dal fatto che Noi dobbiamo essere, appunto, misura del nostro presente e, quindi, del nostro futuro.

Per farlo dobbiamo ragionare di noi come Collettività storica, come realtà socio-culturale sfuggendo tentazioni etniciste, differenzialiste e/o scioviniste.

Esprimersi da protagonisti, da soggetti sociali autonomi, attraverso una riflessione sui nessi della condivisione culturale e della partecipazione politica per l’Autogoverno sono elementi centrali che possono restituirci Soggettività politica non come espressione delle vecchie, immarcescibili élite ma come maggioranza delle masse popolari, ovvero di tutti coloro che in Sicilia vivono e operano e si riconoscono nel suo patrimonio linguistico e culturale.

La rilettura delle sensazioni provate da Goethe in quel lontano 1787 può concederci una chiave, una delle possibili chiavi, per recuperare senso virtuoso alla nostra Identità senza cadere, però, nella trappola di un  neo nazionalismo periferico ridondantemente romantico ma recuperando, semmai,  attraverso la nostra storia e i nostri bisogni le necessità e i sogni delle classi lavoratrici e popolari, cioè della maggioranza dei siciliani, che sanno e vogliono vivere l’Identità siciliana senza sacrificare la loro classe né al centralismo né allo sciovinismo riparazionista ambedue, per nulla casualmente, interclassiste a parole ma legati, in concreto, agli interessi delle superclassi parassitarie e parassitate che esprimono intermittentemente, a seconda dei momenti storici e politici, sia aspirazioni sicilianistiche sia prassi e atteggiamenti ascari.

È tempo di maggiore chiarezza e maturità, e Goethe può darci, forsanche suo malgrado, una mano.

Fabio Cannizzaro

 


martedì 28 novembre 2023

SOCIALISMO E LOTTA ANTIMAFIA.

 



La lotta antimafia non può prescindere dall’impegno speso e profuso dai socialisti siciliani.

Un impegno, una dedizione quella dei compagni, delle compagne che ci hanno preceduto che è stato, infatti, fondamentale.

Possiamo essere orgogliosi nell’affermare, senza tema di smentita, che sono stati i socialisti, in primis quelli siciliani, a riconoscere la mafia come problema sociale e politico e che sono stati, altresì, i primi a impegnarsi fortemente per combatterla.

Furono i nostri compagni, le nostre compagne a lanciare la prima, risoluta sfida al potere mafioso.

Basta pensare, solo per citare alcuni, a Bernardino Verro o a Giuseppe De Felice Giuffrida e con loro alla nascita di quel movimento schiettamente socialista e siciliano che furono i Fasci siciliani dei lavoratori per cogliere con immediatezza quanto siano legati e imprescindibili il socialismo siciliano e la lotta antimafia.

Terribile, violenta fu la reazione mafiosa. 

Una reazione che poté allora contare sulle complicità di diversi apparati dello Stato sabaudo e liberale nonché sul silenzio omertoso e pesante di molti settori “benpensanti”.

Il risultato fu la sconfitta del movimento dei Fasci siciliani, l’incarcerazione di molti compagni e, ahi noi, l’uccisione di altri.

I mafiosi si illusero, allora, di aver fermato l’azione antimafia dei socialisti.

Sbagliarono e di grosso, infatti, non fu così.

I socialisti e le socialiste siciliani e siciliane mai smisero, infatti, di lottare contro la mafia.

Osserviamo, infatti, il XX secolo e a quanto forte è stato l’impegno socialista antimafia, impegno che è costato ai socialisti siciliani un fiume di sangue innocente.

Un tributo pagato in nome dei propri valori, dei propri ideali di lotta e giustizia sociale.

Guardiamo, inoltre, ai nostri –territori, ai Nebrodi, in cui il Socialismo, al pari di altri territori della Sicilia e no, si mise alla testa del movimento contadino per la terra.

Pensiamo all’azione politica svolta dal PSI (quello fondato nel 1892 e poi definitivamente sciolto nel 1994) e a fine anni Quaranta e all’inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso dal compagno Raniero Panzieri.

Una sfida coraggiosa lanciata al latifondo, ai mafiosi, al loro controllo economico e sociale e ai loro amici e alleati.

In questa battaglia i socialisti, pur secondi a nessuno, furono affiancati dai compagni del PCI e, poi, nel tempo, anche dalle organizzazioni politiche della cosiddetta Nuova Sinistra.

Uomini dello spessore di Pio La Torre e di Peppino Impastato lottarono con noi, uniti dalla comune appartenenza al Movimento Operaio e Socialista.

Oggi quel PSI non esiste più, i compagni, le compagne che si riconoscono nei valori del socialismo antimafia e che non li hanno rifiutati, hanno fatto, secondo coscienza, scelte politiche personali varie e diverse.

E, tuttavia, la loro eredità è e resterà viva se continueranno ad onorarla con l’azione con l’esempio.

Questo è il caso del Circolo Socialista Nebroideo Indipendente “Italo Carcione” che oramai due lustri fa volle e realizzò il Premio Antimafia “Francesca Serio”.

Un premio che, non casualmente, decidemmo di declinare al femminile dedicandolo alla compagna Francesca Serio, figlia di Galati Mamertino e di questi nostri Nebrodi.

Nelle diverse edizioni che si sono susseguite abbiamo sempre onorato il Premio senza mai svilirlo o piegarlo a contingenze momentanee.

La lotta alla mafia, alla mafiosità è per noi qualcosa di fondamentale e forti di ciò ci siamo sempre sottratti a polemiche sterili e/o personalistiche che pure hanno attraversato il movimento antimafia.

Con costanza abbiamo sempre parlato alla coscienza della società siciliana non smettendo di porre la mobilitazione antimafia come questione sociale.

La mafia, infatti, impedisce un reale sviluppo per la gente di Sicilia.

Lo Stato repubblicano, costituzionale e di diritto ci ha sempre visto schierati per la legalità dato che la lotta alla mafia è e resta una priorità per i lavoratori e per tutti i siciliani onesti.

Sconfiggere la mafia resta oggi per noi socialisti siciliani un obbiettivo necessario e possibile ma ancora non raggiunto, anche se decisivi ma non definitivi passi avanti sono stati compiuti.

Avaja!

Fabio Cannizzaro

lunedì 24 luglio 2023

SPAGNA: DIRE NO, DA SINISTRA, AL FRANCHISMO, AL CENTRALISMO E SÌ AL FEDERALISMO

 



I dati politici che ci consegnano le elezioni politiche svoltesi, ieri, in Spagna testimoniano certo di un Paese diviso ma indicano anche che non solo non c’è stata la da più parti prevista e/o auspicata vittoria del partito dell’ultradestra Vox ma addirittura possiamo registrare un suo arretramento in termini di voti e seggi.

Questo dato, tuttavia, non è, a mio avviso, la chiave di lettura più importante del dato elettorale spagnolo. Come, infatti ignorare che l’azzardo di Pedro Sanchez è sostanzialmente riuscito.

Il suo partito, il Partido Socialista Obrero Español, al Congreso è cresciuto ottenendo il 31,70% e 7.760.970 voti con un incremento netto di due Deputati rispetto alla passata Legislatura mentre al Senado ha registrato un decremento fermandosi a 72 scranni rispetto ai 93 precedenti.

E tuttavia la scommessa di Sanchez e in prospettiva, se così sarà, la sua riconferma passano anche per la pressoché sostanziale riconferma della sinistra spagnola riunitasi nel cartello di SUMAR.

SUMAR ha ottenuto al Congreso il 12,31% e 3.014.006 di voti per un totale di 31 deputati e rappresenta l’alleato naturale del PSOE.

Guidata dall’ex vice premier e ministra Yolanda Diaz raggruppa in sé l’eredità delle esperienze politiche e parlamentari di Podemos, Izquierda Unida, En Comú Podem, Compromís e Más Madrid/Más País e indiretta di organizzazioni come Anova, Adelante Andalucia e altri.

Ma Sanchez se vorrà trovare la quadra dovrà rapportarsi e confrontarsi anche e soprattutto con i movimenti indipendentisti e sovranisti di sinistra e progressisti di ERC, EH Bildu, BNG, Junts, e EAJ-PNV.

Sono loro, in concreto, il vero ago della bilancia dei nuovi rapporti di forza in seno al Parlamento e ai Territori spagnoli.

Partiamo dai catalani indipendentisti di sinistra di ERC, Esquerra Republicana de Catalunya, hanno ottenuto al Congreso, sotto la guida di Gabriel Rufián, 7 seggi rispetto ai 13 precedenti e tuttavia restano uno dei perni imprescindibili per un qualunque progetto di governo per Sanchez.

In crescita invece gli indipendentisti baschi della sinistra abertzale di Euskal Herria Bildu in sigla EH Bildu,che passano con i loro 333.362 voti e il 1,36 percentuale da 5 a 6 seggi al Congreso. Guidati dall’inossidabile Arnaldo Otegi aderiscono al gruppo parlamentare europeo della GUE/NGL.

Ha confermato il suo seggio al Congreso il BNG, Bloque Nacionalista Galego, organizzazione della sinistra indipendentista galiziana oggi guidato dalla combattiva Ana Pontón.

Sette seggi, più che mai importanti, sono andati anche ai catalanisti democratici di Junts, eredi diretti del perseguitato ex Presidente della Catalunya, Carles Puigdemont i Casamajó, e oggi guidati dall’empatica Míriam Nogueras.

Fondamentali anche i 5 seggi del Partido Nacionalista Vasco - Euzko Alderdi Jeltzalea al Congreso e i 4 scranni al Senado.

Da annotare, inoltre il flop, della indipendentista CUP che rimane senza rappresentanza al Congresso dei Deputati. Gli anticapitalisti, guidati dal giovane Albert Botrán, perdono, infatti, i due deputati che avevano a Barcellona e a Girona vittime probabilmente di un voto utile catalanista e indipendentista.

Il tema già centrale che diviene ora a sinistra imprescindibile è quello del portare a soluzione la questione delle Nazioni senza Stato interne alla forma Stato Spagna.

Certo i partiti al Congreso e al SEnado espressione dei movimenti indipendentisti e sovranisti di sinistra hanno fatto sapere che sono interessati a togliere agibilità politic alla coalizione destrorsa tra PP e Vox e tuttavia cercheranno anche di ottenere concreti vantaggi per le loro Comnità e nazionalità.

Del resto questo è uno dei temi fondanti alla base dello stesso ripristino della democrazia nel dopo franchismo.

Forse è tempo di portare queste questioni a soluzione anche in nome dell’antifranchismo e dell’antifascismo.

Fabio Cannizzaro

martedì 2 maggio 2023

CHE SIA IL DUE MAGGIO OGNI GIORNO!

 


Superato il momento importante ma, tutto sommato, più facile poiché squisitamente commemorativo del Primo maggio, oggi, Due maggio, siamo chiamat* a riflettere sullo stato delle cose.

Si tratta, in buona sostanza, di connettere i valori da noi sostenuti (da altri solo strombazzati a corrente alternata salvo poi nei momenti importanti negarli con scelte, spesso, opposte e contrarie) con i bisogni concreti e le aspirazioni reali di chi lavora, di chi lavoro non ha, di coloro, uomini e donne, che vivono nel disagio etico, sociale ed economico.

È di ieri l’offensiva, tutt’altro che casualmente, mossa il Primo maggio al reddito di cittadinanza.

Una scelta che nella sua “logica” pone tutti, sinistra inclusa, e con questa anche le organizzazioni sociali, di fronte a “scelte” della destra che definire inequivoche è eufemistico.

Nel suo procedere questo Governo si mostra e ancor più si dimostra di destra e nettamente di classe.

Il cosiddetto “progressismo” e con questo buona parte delle dirigenze sindacali confederali si trovano, benché un simile scenario fosse ampiamente prevedibile, essenzialmente spiazzate.

Dipende ciò, forse, dalla pervicace incapacità a superare vecchi modi di ragionare e vetuste prassi a-conflittuali e consociative?

Tutto ciò in un momento socio-economico e storico-politico in cui appare sempre più evidente che i meccanismi consociativi sono superati poiché unilateralmente rigettati da un campo neoliberista, sempre più “radicale”, che questo sì, invece, la lotta di classe la pratica, però, da destra e sul campo padronale.

Il cosiddetto “progressismo”, a prescindere dalla questione leaderistica, appare smarrito, provato.

L’unica area politica che, attualmente, mantiene gli strumenti politici e d’analisi per affrontare questa fase politica è quella della sinistra d’alternativa.

Un’area, piaccia o no, lo si voglia ammettere o meno, in cui l’unica realtà organizzata e territorialmente diffusa, pur con i suoi limiti, attualmente è e resta il partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea.

Oggi più che mai chi vive del proprio lavoro, chi non gode di rendite varie può e deve orientare la propria attenzione e la propria fiducia verso chi come Rifondazione Comunista è disposto e coerentemente impegnato a contrastare le logiche di questa destra egoista e di classe.

Rifondazione Comunista, al netto di ogni ideologismo, lavora, quotidianamente e convintamente, in tale prospettiva, su un doppio fronte.

D’un canto a difesa dei diritti sociali non ancora aggrediti, disarticolati e sostanzialmente svenduti e dall’altro sostenendo tutte le iniziative sociali, politiche e sindacali di tipo perequativo.

Nel fare ciò siamo perfettamente in linea con le scelte maturate, all’unanimità, nel nostro ultimo, recente congresso nazionale.

Guardando, poi, alla realtà siciliana, la situazione, a ben vedere, se possibile si complica ancora di più.

L’annosa, irrisolta, poiché concretamente non affrontata, Questione Siciliana si salda, per nulla casualmente, con i temi dell’emergenza sociale e anche con quelli dell’attualità politica.

Tutto ciò crea, con tutta evidenza, un mix socialmente deflagrante.

Nella realtà siciliana, al pari di quella romana, la sinistra non può contare se non in modo lato e nominalistico sull’intervento politico, sociale e parlamentare del “progressismo”, che recentissimamente si prova a narrare in chiave neo-ulivista.

Tutti costoro non sembrano volere o sapere cogliere il quadro d’insieme, la sua gravità che coinvolge e travolge la gran parte della società siciliana sana.

Siamo, oggi, sostanzialmente soli a Palermo non meno che a Ragusa o Trapani o ancora a Messina o Caltanissetta Noi di Rifondazione Comunista con pochi altri a reggere l’urto delle forze neoliberiste e delle montanti, sempre più aggressive destre.

Noi del PRC della Sicilia lo facciamo senza alcuna, ahi noi, rappresentanza parlamentare, sia a Roma sia a Palermo, e tuttavia, anche rispetto ad un recente passato, veniamo informati dai compagni e dalle compagne che ci seguono che la nostra azione appare sempre più attenta e sempre più proiettata a rappresentare bisogni ed esigenze sociali territoriali e concrete.

In tal senso non è per nulla casuale la decisione maturata dalla Segreteria regionale siciliana del PRC, di fare presenziare il nostro Segretario isolano, il giovane, attivo Nicola Candido, alla manifestazione per il Primo Maggio che si è svolta ad Acate, nel ragusano.

Manifestazione organizzata contro ogni forma di sfruttamento e per determinare le condizioni per conoscere la verità sulla sorte di Daouda Diane, un lavoratore immigrato scomparso nel nulla dopo aver documentato condizioni di lavoro critiche.

La sfida, dunque, si combatte, giorno per giorno, a partire da oggi Due Maggio, nella quotidianità della lotta, dell’impegno, del conflitto per giungere a soluzioni sociali utili e importanti.

In tale processo Rifondazione Comunista, in Sicilia come altrove, c’è ed esprime tutto il suo potenziale politico e di classe.

 

Fabio Cannizzaro

Componente della segreteria regionale del PRC- SE

mercoledì 15 febbraio 2023

LE DIMISSIONI DELLA STURGEON SONO FRUTTO DELLE CONTRADDIZIONI MESSE IN CAMPO DALLE SCELTE POLITICHE DELLO SCOTTISH NATIONAL PARTY

 


Trovo infondate e inficiate da certa deteriore misogenia le letture date, da taluni, delle dimissioni della premier scozzese, Nicola Sturgeon.

C’è chi, infatti, prova ad accreditare le dimissioni della Sturgeon dalla guida del Governo scozzese come frutto di una stanchezza, di una sopraffazione insinuando che queste siano forse anche risultante del suo esser donna e collegandole, a mo’ di volo pindarico, a quelle della leader neozelandese Jacinta Adern.

Al netto di questi “lombrosismi” di genere è più verosimile pensare che le dimissioni di Nicola Sturgeon abbiano cause e motivazioni squisitamente politiche.

Basterebbe seguire la politica scozzese per cogliere quanto e come la stella politica della Sturgeon, nella duplice veste di leader dello Scottish National Party (SNP) e di First Minister, fosse, da tempo, appannata.

Lo SNP, mai come oggi, è dilaniato all’interno dei suoi gruppi parlamentari tanto a Westminster quanto a Holyrood, da opposte, confliggenti visioni politiche e, da tempo, lo scontento serpeggia nelle fila del partito.

La narrazione che accreditava lo SNP come un partito complessivamente “socialdemocratico” mostra le corde innanzi a scelte politiche e legislative che sono catalogabili più come neo-Tory.

Lo SNP sconta tutta una serie di contraddizioni, molte delle quali sono state ereditate inaffrontate dalla stessa Nicola Sturgeon.

A ben vedere il Partito Nazionale Scozzese, in 15 anni di potere devoluto, non ha saputo mantenere politicamente e socialmente le promesse fatte agli scozzesi.

Nei circa otto anni dell’era Sturgeon il partito ha mancato (cosa in sé prevista e prevedibile) l’indizione del nuovo referendum sull’indipendenza, il cosiddetto Indyref 2 ma forse ancor più si è nel tempo rilevato parte di quell’Establishment che a parole dichiarava di poter e voler combattere, il tutto mentre le condizioni di vita della maggioranza degli scozzesi peggioravano.

Le dimissioni della Sturgeon non giungono quindi inattese e ancor più non sono attribuibili al suo genere, sono semmai, invece, frutto di evidenti contraddizioni politiche nel e del suo partito.

Fabio Cannizzaro

 

martedì 24 agosto 2021

PER UNA SINISTRA SICILIANA AUTOCENTRATA E D’ALTERNATIVA

 


Una sincera attenzione per il presente ed il futuro della Sicilia è una precisa responsabilità politica per una sinistra che vuole rappresentare il cambiamento, l’alternativa di e al sistema vigente tanto consociativo quanto neo coloniale e liberista.

È nostro dovere, da donne e uomini di sinistra, dare risposte ai legittimi bisogni delle classi lavoratrici e popolari siciliane.

Il nostro non può e non deve essere però un impegno meramente elettorale o peggio elettoralistico quanto semmai concretamente sociale e politico.

Deve essere a tutti e tutte chiaro, infatti, che i prossimi mesi ed anni segneranno indelebilmente quale sarà verosimilmente il futuro dei siciliani per i prossimi venti, trent’anni.

Sinceramente da uomo di sinistra siciliano sono poco interessato al futuro metafisico della Sicilia, inteso prevalentemente in chiave d'entità metafisica e/o meramente nazionale.

Mi interessa e preme di più invece il futuro materiale, concreto di tutti coloro che in Sicilia vivono e operano e tutto ciò prescindendo da purismi etnici e/o di nascita.

È  questo un approccio sicilianistico?

Sinceramente le etichette mi interessano poco, ritengo semmai  che da uomini e donne di sinistra si debba operare, senza tatticismi o infingimenti, per portare finalmente a soluzione l’annosa, concreta Questione siciliana.

Se non saremo in grado come sinistra di superare vecchi pregiudizi, se non guarderemo all’essenza più profonda e di classe dei bisogni della maggior parte dei siciliani allora saremo condannati, giustamente quanto inevitabilmente, alla inessenzialità politica e sociale.

Vogliamo questo?

Non è più il tempo per soluzioni mediative, pasticciate e politicistiche prese nei in conciliaboli che fanno riferimento ad equilibri romani tanto instabili quanto virtuali.

Dobbiamo riassumere il nostro ruolo sociale e di lotta.

Occorre farlo superando vecchie categorie politico-organizzative e ribadendo in modo autocentrato che può oggi esistere solo un tipo di sinistra ovvero quella in grado di incidere e di sostenere i bisogni e le aspirazioni dei deboli e dei lavoratori siciliani.

Idee antiche volte ad accreditare differenze o differenziazioni tra “riformisti” e “massimalisti”, tra “socialisti” e “comunisti” rappresentano, al netto, solo una narrazione oggi più che mai autoreferenziale quanto inesatta.

Occorre inoltre, in Sicilia come del resto altrove, rigettare, come inessenziale, la pseudo categoria del cosiddetto “centrosinistra”.

Prospettiva tanto fittizia quanto usurata e che non esprime più alcun reale contenuto di senso politico.

Chi può e deve oggi, in Sicilia, assumersi l’onere di formulare una proposta politica di sinistra e d’alternativa?

È evidente che essendo screditati i partiti e movimenti che sostengono posizioni anti autonomiste e vocate a ripetere ad infinitum errori consociativi, centralisti e di pseudo centrosinistra serve adesso una prospettiva d’insieme, una capacità attiva di presenza e proiezione politica non indifferente che può e deve coinvolgere tutti coloro che credono in una proposta siciliana autocentrata di sinistra d’Alternativa. 

Questo sforzo però non può e deve risolversi solo in una pur necessaria, utile riperimetrazione della sinistra odierna occorre andare oltre ed aprire il campo dell’Alternativa, che prevede la soluzione della Questione siciliana, a tutti quei settori dell’area cosiddetta siciliana che guardando anch’essi a sinistra siano  tendenzialmente federalisti, autonomisti e/o legati ai settori del nazionalismo isolano progressista e/o di classe.

Questa scelta non può e non deve scandalizzare nessuno dato che in concreto rappresenta semmai un riallineamento a una tradizione propria del movimento operaio e socialista isolano e mai sopita o scomparsa.

Avremo tutti noi la forza di compiere questo “réalignement”? 

È questa oggi la scommessa vitale che coinvolge la sinistra siciliana che su questo scommette la sua esistenza e quindi la sua essenzialità sociale e politica.

 

Fabio Cannizzaro